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Incontrare le opere di Baratella è sempre una emozione totalizzante.
Il suo modo di operare è terso come è tersa la personalità che ne percepisci. Schietta e asciutta.
Ti accorgi che quello che trovi scritto sulle tele non lo avresti saputo interpretare meglio. Il racconto che leggi continua nel tempo, carico di una lucidità e di un rigore disarmanti. Le cristalline riflessioni e gli scavi di approfondimento ti guardano dalle opere pittoriche, che danno forma alla produzione, come documenti conservati e catalogati nelle bacheche di una torre-bibliothékē assoggettata ad una elevazione continua, tendente all’infinito. Un’architettura del vissuto dell’umanità che non lo trova mai disattento, al contrario, lo vede pronto a districarsi nella complessità del racconto, dotato di una singolare capacità di interprete degli eventi.
La capacità dello sguardo e la disincantata elaborazione di Baratella, che ho erroneamente interpretato come ironica in passato, è frutto di un prezioso talento reattivo, quasi un muscolo involontario, allenato dalla sua esperienza di narratore della contemporaneità. A volte in forma documentale, a volte in forma polemica o accigliata ma ugualmente appassionata e partecipata, mai banale o retorica.
Contemporaneamente al continuo approfondimento nell’ambito della storia contemporanea, Baratella, ha lavorato per ricavare, nella architettura del suo loggiato intellettuale, un salotto dalle pareti di cristallo e dagli arredi damascati, dove ospita i grandi simboli paradigmatici della filosofia umana. Se possibile, in questo lavoro, il cimento si fà ancor più duro. Questa disfida, non sempre risolta, è stata affrontata da grandi artisti, antichi e moderni ma egli possiede, nel proprio armamentario, insegne potenti. La sua pittura dispone di pennellate lunghe e taglienti, di rasoiate di luce, elementi cromatici emotivi e una straordinaria capacità di creare esplosive miscele di corpi, o meglio ancora, fusioni detonanti di organismi sacri e profani.
Parlavo, poc’anzi, di una mal interpretata vena ironica di Baratella. Se una traccia di beffa amara posso ancora intercettare nel suo lavoro, è quella lasciata dalla produzione dei vampiri. Ad uno dei più terrifici affido l’immagine simbolo di questo appuntamento Castellano. Più che mai riappare opportunamente adatta l’arguta interpretazione del vámpїr, che altri non è che un patetico individuo in cerca dell’ anima altrui. Un soggetto d’avan spettacolo che utilizza la corruzione per sopravvivere a se stesso. Avvolto in vetusti mantelli, mantiene il cipiglio dello sterminatore ma il suo trucco è presto svelato, basta strappare la tela per vederlo apparire nella sua misera nudità. Basta una piccolo gesto di impegno per non subire la sua malata fascinazione. Nonostante ci ammicchi con la sua conturbante scala cromatica in un gesto degno di Ucle Sam, il suo I want you appare inefficace. Forse il futuro prossimo smonterà questa tesi confutandola nei fatti.
Infine narro della mia corsa ad inseguire “LA CORSA”, cortometraggio di Baratella, con il commento musicale composto ed eseguito da Oskar Boldre. La visione è stata sofferta, spossante. Ho vissuto la mia inadeguatezza a recuperare l’oggettiva e lucida distanza dal racconto, la fatica è apparsa proporzionale all’irrisolvibile enigma dell’umanità, reiterato come in un mantra ipnotico. Sono stata trascinata in una grigia deriva, mai stemperata dall’apparizione di un qualche sorriso. Al fine mi è dispiaciuto che la visione abbia avuto termine. La mancanza di una soluzione, l’inefficacia del libero arbitrio, l’impotenza della singola volontà , mi è parsa di ugual dimensione a quella dell’umano vivere e, nel breve volgere del racconto, non ho trovato il tempo per elaborare un credibile antidoto.
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Mariarosa Dei Svaldi: direttore artistico
La mostra di Paolo Baratella, gentilmente ospitata della Amministrazione Comunale di Castelli, è uno spaccato antologico della sua produzione che và dal 1965 al 2006. La mostra iconografica vedrà la presenza di un video, di recente elaborazione, che diventerà installazione dopo una fase laboratoriale, sviluppata in collaborazione con gli studenti dell’Istituto Ceramico.
Castellarte nasce a Castelbasso nel 1988, quale progetto di promozione del piano di recupero del borgo medioevale di Castelbasso, nell’ambito del piano di sviluppo territoriale che l’Amministrazione Comunale di Castellalto si era dato. Il piano di recupero poneva la questione del possibile sviluppo dei centri storici , tentando di individuare le linee di uno sviluppo compatibile e sostenibile in armonia con le specifiche vocazione del territorio.
Castellarte, costituiva, dunque, una sorta di progetto sperimentale e per ciò stesso innovativo, di uno sviluppo basato sul patrimonio architettonico ed ambientale, che caratterizza il nostro territorio provinciale, cosparso come è di piccoli borghi di varie epoche. Castelbasso fu il laboratorio dove tale progetto si realizzò. La prima edizione di Castellarte si svolse nel 1988 nel periodo 15 luglio - 15 agosto, e costituì per unanime riconoscimento dei media e della critica, l’evento culturale dell’anno in Abruzzo.
Le sei edizioni che si susseguirono sancirono la grande valenza culturale della manifestazione e, possiamo ritenere, che tracciarono in qualche misura la rotta per altre manifestazioni tenutesi negli anni successivi, sia in Castellalto, sia in altri comuni. Castellarte raggiunse nel 1992 il livello più alto e significativo con la grande mostra sulla civiltà , la cultura e l’arte Maya e coloniale; evento unico in Europa, seguito qualche anno dopo dalla mostra archeologia sulla civiltà Maya di palazzo Grassi a Venezia.
Nel 1993 si tenne l’ultima edizione a Castelbasso.
Nel 2007 Castellarte ritorna nel nuovo contenitore di Montepagano di Roseto Degli Abruzzi con il suo tradizionale format, con una grande mostra ad un grande maestro dell'arte contemporanea: Fabio Mauri che raccolse un significativo successo di critica e di pubblico.
Nel 2009, Castellarte non più manifestazione estiva ritorna con un nuovo progetto che assume un carattere permanente in una sede stabile deputata ad ospitare iniziative culturali in tutti i periodi dell’anno.
Tale sede è stata individuata in Castelnuovo Vomano (TE) presso Villa Irelli, complesso agrituristico di pregio, che offre spazi e strutture appropriati, gentilmente messi a disposizione dalla proprietà.